Oggi mi sono imbattuta nel sorriso di Laura, una donna di 54 anni che altro colore non poteva scegliere se non il giallo: caldo, solare e luminoso.
Laura è proprio così, un vulcano di allegria, entusiasmo ed empatia che ha sempre una parola e un sorriso per tutti.
Tutti gli articoli di Chiara
Eleonora alla conquista del mondo
Anche Eleonora, futura ingegnera gestionale di 23 anni, è cresciuta in una vasta e aperta campagna, di cui sente una forte e allo stesso tempo velata nostalgia, abitando ora nella grigia Milano.
La campagna, di cui porta nel cuore il color verde chiaro, la conduce infatti ai ricordi più dolci e belli, quelli di una infanzia che lei stessa definisce bucolica, avendola trascorsa e vissuta completamente immersa nella natura.
Ma il verde della natura le ricorda anche un forte senso di giustizia, di libertà, che viene sottolineato dalla sicurezza con cui snocciola le sue oculate parole e da come le brillano gli occhi mentre ne parla. Continua la lettura di Eleonora alla conquista del mondo
La Parigi di Doisneau
Come accennato nel precedente articolo, Parigi mi fa pensare, tra le mille cose, a un’altra in particolare: la città vista con gli occhi del fotografo francese Robert Doisneau.
Doisneau nacque nel 1912 in un sobborgo parigino, circondato da famiglie appartenenti alla classe medio-borghese. All’età di tredici anni iniziò a studiare incisione e litografia presso l’École Estienne e nel 1931 divenne assistente del fotografo André Vigneau, da cui poté assimilare gli influssi artistici che lo portarono a diventare il fotografo che conosciamo. Dopo un breve periodo come fotografo industriale alla Renault (da cui venne licenziato, pare, per gli eccessivi ritardi!), cominciò ad esercitare la professione di fotografo indipendente, fino ad essere assunto dall’agenzia Rapho, nella quale rimase per quasi cinquant’anni, nonostante le numerosi pressioni ricevute da parte dell’altrettanto illuminato collega Henri Cartier-Bresson, affinché passasse alla sua agenzia, la celebre Magnum.
Ma fu nell’euforia del secondo dopoguerra parigino che esplosero la tecnica e la creatività di Doisneau, suggerendogli le foto che noi tutti, chi più chi meno, amiamo.
Come faceva?
«Girellavo naso all’aria, contando sulla generosità del caso e armato di un’attrezzatura la cui pochezza mi salvava dal virtuosismo. Così, bighellonando, ho scoperto certi aspetti della città di cui le guide turistiche non parlano».
(Doisneau Paris, L’ippocampo, Milano, 2014).
Laddove non c’era nulla da vedere, lui riusciva a immaginare nuove scenografie, creare furtivi punti di vista, osservare romantici o buffi disegni sul freddo asfalto.
Ma non lasciatevi ingannare. Questo non voleva necessariamente dire che i suoi fossero indiscutibilmente scatti rubati, anzi.
Spesso era lui stesso a costruire o, quantomeno, ritoccare la scena, per poi immortalarla e restituircela filtrata dai suoi occhi. Lui osservava la realtà e la modificava così come avrebbe voluto che fosse, trasformandola nella ‘sua’ realtà.
Oppure, in alternativa, la osservava e la ricostituiva in un secondo momento per avere la capacità di fissarla al meglio, fabbricando, come amava dire lui stesso, il suo piccolo teatro.
Il caso più eclatante? La prima foto che ho pubblicato in questo articolo: Il Bacio dell’Hôtel de Ville (1950).
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M. Ingegnere, figlia, chef
La stanchezza tipica degli studenti dopo una dura sessione di esami non distoglie M. dal rispondere attentamente e con gentilezza alle mie domande.
Nonostante gli occhioni di un azzurro intenso, è il verde scuro il suo colore, perché le ricorda la natura, in mezzo alla quale è cresciuta e si è sentita felice. Ha bisogno di sentire costantemente quel senso di libertà, di pace, di sicurezza, di tranquillità. Di vita vera. Continua la lettura di M. Ingegnere, figlia, chef
Una piccola libreria a Parigi
Parlare di Parigi mi fa pensare anche ad altre due cose che esulano dal mio ultimo viaggio, ma che mi fanno e mi hanno fatto sognare.
La prima è un libro (per la seconda… leggete il prossimo articolo!).
Si intitola “Una piccola libreria a Parigi”, di Nina George, pluripremiata scrittrice e giornalista tedesca contemporanea.
In realtà, il clou del libro non si svolge né in una libreria né a Parigi. Si svolge su di una libreria, dato che è galleggiante, e solo in parte a Parigi.
Come spesso accade, infatti, la traduzione italiana non c’entra niente con il titolo originale tedesco, traducibile con: “La stanza lavanda”, reale leit motiv della storia.
Parigi è solo una delle scenografie davanti alle quali si snoda la vita del protagonista, tra avvenimenti in diretta e flash back. Ma probabilmente la casa editrice conosce uno dei talloni di Achille di molte lettrici del Bel Paese… e, infatti, ci sono cascata. Almeno la copertina è color lavanda.
Comunque sia, non ne sono rimasta affatto delusa, anzi. Era esattamente quello di cui avevo bisogno: un libro facile, ma che desse gli strumenti giusti per riflettere sull’esistente, sognare ciò che ancora non esiste, ridere, commuoversi… il tutto da consumare sotto un ombrellone siciliano, dopo un lungo digiuno forzato da qualsiasi tipo di lettura. Ci siamo capiti.
Dicevo, la capitale francese è solo una della scenografie. Le altre si snodano tra Parigi e la Provenza… via acqua. Sissignore.
Ve lo racconto (senza svelarvi il finale, ovviamente). Continua la lettura di Una piccola libreria a Parigi