La bastarda di Istanbul

La bastarda di IstanbulUna cosa che ho più volte pensato mentre leggevo La bastarda di Istanbul è che questo libro non fosse fatto di parole, ma di note.

Scorrendo con gli occhi paragrafo dopo paragrafo, capitolo dopo capitolo, ci si sente accompagnati da una musicalità che sembra appartenere a molti e diversi generi, dal rock al punk, da quelli mediorientali a quelli americani, accostati armoniosamente l’uno all’altro dalla meravigliosa penna dell’autrice, Elif Shafak (che questa sera inaugurerà il BookCity Milano 2016).

Premetto che, se La tentazione di essere felici è un libro tutto al maschile, per autore e protagonista, La bastarda di Istanbul è allora tutto al femminile, ma ciò che accomuna i due romanzi è lo stile sarcastico e pungente con cui gli autori riescono a far dialogare i loro personaggi principali.

Protagoniste de La bastarda di Istanbul sono due adolescenti, Asya e Armanoush, turca la prima, americana con origine armene la seconda, le cui vite si sfiorano e poi intrecciano, senza sapere quanto profondamente lo fossero già, da generazioni passate alla loro.

Sullo sfondo dell’amicizia fra le due ragazze, si snodano le storie delle loro famiglie.

Asya vive a Istanbul con la sua famiglia matriarcale fatta di sole donne. Non ha mai conosciuto il padre, ma quello che da piccola sopporta meno di questa situazione è il peso dell’epiteto che le comporta: ‘bastarda. Eppure Asya impara ben presto a superare il giudizio degli altri, siano essi compagni di scuola o membri della sua stessa famiglia, proprio come non aveva importato a sua madre il parere della società, di fronte all’idea di far nascere ‘bastarda’ quella bambina. Trascorre così le sue giornate in maniera ribelle e irriverente, ascoltando la musica di Johnny Cash, dialogando di storia e politica in un bar con i suoi amici più o meno intellettuali e amando in maniera fugace un uomo già impegnato.

Dall’altra parte del filo, Armanoush, timida figlia di un uomo armeno, emigrato con la famiglia in America, e di quello che sembra il prototipo della statunitense media, bionda e grassottella, che smette presto di sopportare la soffocante famiglia del marito, separandosene. Ora che Armanoush è adolescente, la madre vive con un nuovo compagno. Turco. Divisa tra l’amore per la madre e quello per la famiglia del padre, la ragazza si nasconde dietro lo schermo del suo pc per conversare con un gruppo di amici armeno-americani, accomunati solo dalla passione per la propria cultura d’origine e dal conseguente odio per quella turca. Ma Armanoush desidera andare oltre, desidera andare in fondo alle sue radici, per capire da dove proviene quella metà di se stessa che sente di non conoscere. Per farlo, comprende che c’è solo un modo: partire per la Turchia alla ricerca dell’antica casa paterna.

Utilizzando come appoggio la famiglia turca del suo patrigno, Armanoush parte così per il viaggio che la porterà a conoscere Asya e a far luce sul passato delle loro famiglie. Un viaggio che ripercorre un conflitto storico fatto di decenni di lotte, pregiudizi, paure, un conflitto fin troppo dimenticato dagli uni e forse fin troppo ricordato dagli altri, ma che l’innocenza di due ragazzine riuscirà coraggiosamente ad affrontare e, finalmente, superare.

Fra magia e superstizione, fede e miscredenze, fra capelli neri corvino e spille color melograno, Elif Shafak ci conduce nelle vie di una Istanbul che ha sempre più voglia di riscattarsi, sollevarsi, aggiornarsi… e quasi confessarsi. Con grande coraggio.

Se non avete letto La bastarda di Istanbul, vi consiglio di rimediare subito.

Se invece l’avete già letto, fatemi sapere che cosa ne pensate! A me, come avrete capito, è piaciuto molto, anche se devo confessarvi che il finale mi ha lasciato un po’ perplessa…
A voi che ne è parso?

Buona lettura!

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