È buio in sala. Mi chiedo quante delle persone presenti sappiano davvero quello che stanno per vedere. E mi chiedo anche quanto ne sappia io.
Martha. Martha Graham.
Una delle danzatrici più eclettiche del secolo scorso. La madre della danza contemporanea americana.
Una donna che ha vissuto amando, struggendosi, combattendo. Combattendo per portare con forza nei teatri del mondo il suo modo di danzare e di vivere, che per lei erano la stessa cosa, e combattendo contro se stessa.
Perché chi ha l’animo inquieto, chi ha sempre qualcosa da ricercare, chi sa amare, chi prova una passione viscerale per quello fa, chi cerca di mettersi sempre alla prova, per migliorarsi, in un circolo eterno fatto di cadute, risalite e ancora ricadute e risalite, non può che essere in lotta con se stesso.
E non si potrebbe comprendere la danza di Martha se non si comprendesse questo suo lottare.
La gente comune pensa sia un dramma lottare contro se stessi.
Per chi lo vive lo è, credetemi.
Però è anche quella cosa che ti tiene in vita.
Quella cosa senza la quale il termine stesso, ‘vita’, non esisterebbe.
Ed è proprio questo quello che viene messo in scena dal regista Riccardo Italiano: la continua lotta interiore di Martha.
In scena, infatti, ci sono due Martha: Caterina Campo, la Martha in carne e ossa, la sua parte nera, e Valentina Pescetto, il suo spirito, la sua anima, la sua parte bianca. Non perché una figura sia buona e l’altra cattiva, una giusta e l’altra sbagliata. Ma perché solo il bianco e il nero avrebbero potuto rappresentare quella magnifica, forte, sofferta e arrogante opposizione che ha regalato alla storia un’artista della sua levatura.
In un alternarsi di musica, recitazione e coreografie, le due splendide Martha ripercorrono la sua storia, dagli insegnamenti paterni di quando era poco più che bambina alla sua morte, dalla nascita del suo amore per la danza alla fatica degli allenamenti, dalle gioie per i suoi successi allo strazio per le sue sconfitte, dalla passione senza riserva per gli uomini all’amore puro provato per il marito.
Insieme alle due attrici, un telo bianco è fortemente presente dalla prima all’ultima scena, da loro sapientemente accompagnato e trasformato, come fosse parte integrante.
Il telo si fa baco da seta da cui cerca di nascere e liberarsi la parte più combattiva di Martha, si fa catena da spezzare, si fa laccio che trattiene e che ricongiunge le due anime, si fa fedele compagno negli allentamenti, si fa ostacolo della vita quotidiana, si fa gioco, nastro, nido, culla, e poi di nuovo corpo estraneo contro cui lottare, contorcersi, fuggire. Si fa distanza e si fa complicità. Sullo sfondo, un secondo telo bianco, schizzato di rosso sangue dalle due Martha, in un gioco non sempre spensierato, fa da scenografia e ricorda in maniera incessante quanto costi inseguire le proprie passioni. Passione è fatica corporea, passione è eccitazione, passione è strazio, passione è gioia fino alle lacrime, passione è contorcersi per poi liberarsi. Passione è l’incontenibile sangue che scorre nelle vene e lungo la pelle, lungo tutto il corpo.
Riccardo Italiano, nonostante sia alla sua prima regia, riesce a far toccare con mano questa contrastata e contrastante passione di Martha per la vita, che altro non poteva fare se non dedicare alla danza.
Ma sul palcoscenico non troverete le sue coreografie, perché ciò che si avverte con potenza è anche la passione del regista: nei movimenti delle attrici, nelle luci, nelle ombre, in quel che si vede e in quello che si può solo percepire, così come nelle poche, misurate frasi e parole da lui stesso scritte. Eppure nulla si potrebbe sentire se sul palco non ci fossero le attrici da lui scelte e, con loro, in loro, Martha.
Martha c’è.
C’è attraverso di loro, con il suo tormento, la sua ironia, allegria, il suo strazio, la sua estasi, le sue lacrime, il suo sudore, il suo dolore, la sua bellezza, la sua forza, la sua grinta, il suo amore, la sua passione, la sua carne, il suo sangue.
Ed è inevitabile per chi le, anzi, la guarda, percepire una fortissima empatia che fa sorridere, vibrare, soffrire, commuovere il cuore.
Uno spettacolo che, dietro alla sua apparente semplicità, regala dei momenti di fortissima tensione emotiva, scosse di vita, briciole di una storia che è stata parte fondamentale del mondo dell’arte e della danza e che fa parte della vita di ognuno di noi, se anche noi sappiamo che cosa vuole dire avere una vera, sincera passione e uno spirito che, sebbene in perenne antagonismo, è l’unico vero complice a cui chiederemmo di bere insieme a noi l’ultima coppa di champagne, prima di morire.
SCHEDA DELLO SPETTACOLO
Martha. La memoria del sangue
scritto e diretto da Riccardo Italiano
con Caterina Campo e Valentina Pescetto
scene, coreografie e costumi Riccardo Italiano
light designer Riccardo Italiano
Potete scoprire di più sullo spettacolo attraverso il sito ufficiale Martha – La memoria del sangue o attraverso la relativa pagina facebook.
Ph: Filippo Torello